TUVIXEDDU E LE ALTRE AREE DI TUTELA
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Tuvixeddu, scontro in aula fra i legali
MAURO LISSIA
CAGLIARI. Un’udienza rovente, con attacchi al vetriolo dai legali di Nuova Iniziative Coimpresa all’avvocato degli Amici della Terra, che a sua volta chiede ai giudici il risarcimento perche il suo ricorso è stato liquidato dai colleghi come «strano rigurgito neoambientalista». Alla fine, tra scambi di battute e toni accesi, il tribunale amministrativo ha chiuso la mattinata con la formula di rito: sarà deciso. Come dire che in un tempo da definirsi - un mese, forse di più - si saprà se l’ultima speranza degli ecologisti di bloccare i lavori attorno all’area archeologica di Tuvixeddu è fondata oppure no. I giudici - presidente Rosa Panunzio, consiglieri Tito Aru e Antonio Plaisant - dovranno esprimersi su tre ricorsi, unificati in giudizio: quello del 1999 in cui gli Amici della Terra sostengono la nullità dell’autorizzazione paesaggistica che sta alla base dell’accordo di programma del 2000 perchè manca il controllo di legittimità della sovrintendenza architettonica, il ricorso di Coimpresa contro il decreto del 12 settembre 2009 con cui l’ex sovrintendente archiettonico ha annullato gli ultimi due nullaosta - quelli concessi dal Comune nell’agosto 2008 - e l’intervento della Regione, cui si è affiancata l’Avvocatura dello Stato rappresentata da Giandomenico Tenaglia con una memoria («tardiva» per i legali di Coimpresa). Solo il primo ricorso, il più vecchio, è andato in discussione. Discussione piuttosto accesa, a conferma della grande tensione che circonda il caso Tuvixeddu ora esposto anche alle scelte della prossima amministrazione regionale di centrodestra.
Il difensore degli Amici della Terra Carlo Augusto Melis ha chiesto in via preliminare che dalla comparsa difensiva di Coimpresa - ieri erano in aula gli avvocati Pietro Corda e Antonello Rossi - venisse cancellata la frase sul rigurgito neoambientalista: «Chiedo il risarcimento» ha insistito il legale. Durissima la reazione degli avvocati di controparte: «Si tratta di normale dialettica processuale - hanno ribattuto - e in ogni caso il riferimento era per la ricorrente, quindi l’associazione Amici della Terra, non certo per il collega». Coi giudici che provavano a gettare acqua sul fuoco, l’avvocato Melis ha ribattuto ai contenuti dell’atto difensivo di Coimpresa. Ma prima ha fatto mettere a verbale la rinuncia alla parte del proprio ricorso che riguarda l’accordo di programma del 2000. Anche su questo punto si è scatenato un aspro contradditorio fra i legali, sedato dalla presidente Panunzio. Nessuna replica sugli aspetti tecnici della controversia da parte degli avvocati Corda e Rossi. Gelida l’uscita dall’aula dei legali delle parti in causa, che non si sono salutati. In aula i rappresentanti di Italia Nostra e di Legambiente.
All’esame dei giudici è il primo nullaosta paesaggistico rilasciato il 27 maggio 1999 dal direttore generale dell’assessorato regionale alla pubblica istruzione all’impresa che fa capo al costruttore Gualtiero Cualbu. Si tratta del nullaosta che regge come una pietra angolare l’ormai citatissimo accordo di programma del 2000, che ha dato l’ultimo sostanziale via libera al progetto Coimpresa. Se i giudici del Tar dovessero annullarne l’efficacia, l’amministrazione regionale potrebbe annullare in autotutela l’accordo di programma. Oppure - secondo l’avvocato Melis - l’accordo di programma cadrebbe comunque, in sostanza perchè sostenuto da un’autorizzazione illegittima. Nel ricorso l’avvocato degli Amici della Terra fa riferimento a un «vizio insanabile»: la mancanza dell’autorizzazione della sovrintendenza architettonica e paesaggistica. «Tale atto - è scritto nella memoria aggiunta - non è stato mai inviato alla competente sovrintendenza, come autorevolmente certificato da provvedimenti della sovrintendenza di annullamento di autorizzazioni paesaggistiche». Il provvedimento cui si richiama il legale è il decreto firmato dall’ex sovrintendente architettonico e paesaggistico Fausto Martino il 12 settembre scorso per bocciare gli ultimi due ‘pass’ firmati ad agosto scorso dall’amministrazione comunale. La motivazione era la stessa: manca l’autorizzazione paesaggistica. Di più: non è stata neppure richiesta. Qui starebbe quello che Martino ha definito appena due mesi fa «vizio esiziale e insanabile» e contro il quale i legali del gruppo Cualbu hanno ricorso ai giudici del Tar sostenendo la piena legittimità delle autorizzazioni, sia quelle del 1999 che le ultime rilasciate dal Comune. Non sono sotto giudizio gli altri due nullaosta, quelli del 2006. Ma è chiaro che la decisione del Tar, se fosse sulla linea del ricorso ambientalista, metterebbe seriamente in discussione l’intera architettura autorizzatoria del piano Tuvixeddu. Per l’amministrazione Soru - che ha attaccato la realizzazione del progetto con ogni mezzo - sarebbe una vittoria. Postuma, ma comunque una vittoria.
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